Il legame tra la città e la Calcio Lecco è sempre stato molto forte. Lo si vede anche oggi (nonostante le poche presenze allo stadio). Ma l’interesse, partecipato, sussurrato, stizzito, poche volte appagato, è sempre lì che cova sotto le ceneri.
Un intreccio costante quello della gente, della città, con la squadra bluceleste. Un amore, una passione che arrivano da lontano. Certo, 104 anni di storia non sono roba da poco.
E in questa lunga storia, il dato degli anni Sessanta è quello che segna l’apice sportivo. Gli anni della Serie A.
La città era un’altra città, era un’altra vita, un’altra storia.
Ma vale la pena ricordare quel periodo dorato, sportivamente parlando. Proprio perché allora la partecipazione, il legame, l’intreccio con la squadra erano tangibili.
La sede del Lecco si trovava allora in via Roma, davanti a quelle che erano le vetrine dei magazzini Upim.
Nella sede si accedeva da un portoncino, e al primo piano si trovava la segreteria. Da un piccolo balconcino affacciato su via Roma facevano spesso capolino, in periodo di calciomercato, i nuovi acquisti.
Ricordiamo ancora il saluto con la mano di Sergio Clerici appena giunto dal Brasile, a un gruppo di tifosi in attesa sul marciapiede.
Anni magnifici, gli anni Sessanta.
I lecchesi potevano fare compere in un mercato che si teneva allora in via Dante.
Lo chiamavano “I Marziani”, forse per via dei prezzi di un altro mondo.
Al bar Unione e sotto i portici del Credito, si tenevano accese diatribe su calcio e politica. Il Lecco era argomento quotidiano.
In via Cavour e in via Roma, dalle 18 alle 20, andava in scena il rito della “Vasca”.
In quella passeggiata serale in centro, si incontravano spesso i giocatori della Ac Lecco, come si chiamava allora. Ferrari, Tettamanti, Fracassa, Incerti, tanto per ricordare alcuni assidui frequentatori del centro città.
Poi, all’ora canonica della cena, il consueto spopolamento delle strade. Ma le alternative serali non mancavano. Lecco aveva diverse sale
cinematografiche: Lariano, Marconi, Nuovo, Ariston, tanto per ricordarne alcune.
Mescolati tra gli spettatori per il film di prima serata, c’erano frequentemente i giocatori della Calcio Lecco.
Diversamente da quello che avviene oggi, allora i giocatori, sopratutto coloro che venivano da fuori, si integravano molto bene nel tessuto della città.
Seppure in osservanza dei regolamenti della società (orari, disposizioni comportamentali, ecc.), non si facevano mancare un salto in pizzeria (alla Capri, all’epoca una delle prime aperte). Poi, per quelli un pochino più “festaioli”, non poteva mancare una capatina all’Orsa Maggiore.
I piu giovani ronzavano intorno ai Magazzini Emi che erano in via Roma. Tra i giocatori del Lecco di allora circolava la leggenda che vi lavorassero le commesse più belle della città.
Altra vita, altro mondo, altro modo di essere calciatori.
Eppure questo integrarsi con la città della squadra per cui giocavano, ha cementato in maniera fortissima il legame con le persone, con gli sportivi.
Era ed è rimasto amore.
Quella città che ha vissuto la serie A era una città assorta nella sua operosità laboriosa, seria e anche un po’ bigotta. Ma pronta ad accendersi di passione per “il Lecco”. Il Rigamonti era sempre pieno per le partite di cartello. Arrivavano spettatori da Bergamo, Como, Monza, Milano.
Il tifo nello stadio era già allora caldissimo. Nessun settore del Rigamonti era immune dalla passione agitata e vociante.
La tribuna centrale in tubi Dalmine e legno pareva cedere di schianto sotto i colpi sferrati con i piedi dagli spettatori, che sottolineavano ritmicamente le azioni dei blucelesti.
Come a Bergamo per l’Atalanta, invece di dire “Vado alla partita”, si dice “Vado all’Atalanta!”, a Lecco si dice “Vo’ al Lecch!” (vado al Lecco).
In tale affermazione si evince come questa squadra sia parte del modo di essere della città, di come si compenetri con la stessa.
Dopo decenni di alterne fortune (più che altro sfortune), ancora oggi la passione e l’amore covano sotto la cenere, in attesa che un “miracolo” riaccenda il fuoco mai spento.
Sì, un miracolo ci vorrebbe. Uno di quelli che ci restituiscano la dignità e l’orgoglio della nostra storia, una gran bella storia.
Una storia di cadute inopinate e risalite difficoltose, ma la Calcio Lecco è la squadra della sua città. Una città dove da anni non si sente più l’odore del ferro o la fragranza del profumo di cioccolato della Icam.
Una città che non ha più cinema, centri sportivi adeguati, le grandi fabbriche.
Una città che ha, però, ancora una cosa: la Calcio Lecco.
E “il Lecco questa città non vuole perderlo!”
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