Con 44 gol realizzati in tre campionati e mezzo, Coppe escluse, Riccardo Capogna è primo tra i bomber blucelesti in attività, settimo nella classifica all-time. E ha tutta l’intenzione di provare a inseguire il record (67) detenuto da xx, primatista dagli Anni Venti. Romano doc, lecchese più che adottato, Ricky, come lo chiama chiunque in città e al “Rigamonti-Ceppi”, sta continuando ad allenarsi a casa in questi giorni di quarantena a causa dell’emergenza coronavirus. Anche per lui, come per tutti gli altri sportivi professionisti, la normale vita è stata sconvolta da un giorno con l’altro e pare veramente difficile ipotizzare una ripartenza.
«Io ho un po’ di spazio qui a casa – racconta Capogna a LCN Sport -, ho provato a fare una corsa poco fuori da casa mia, ma i vigili mi hanno chiesto di tornare dentro per non dare il cattivo esempio. Faccio gli esercizi sul terrazzo, ma non è per niente facile allenarsi così. Da quello che ho capito dal 4 maggio si potrà tornare a correre, sempre mantenendo la distanza di sicurezza: per noi sportivi sarebbe un gran miglioramento e potrei sfruttare i grandi spazi che abbiamo intorno per tornare ad allenarmi forte».
Un momento del genere non s’era mai vissuto: «È una situazione particolare, penso spesso a questo stop prolungato e spero che faccia bene a me che sto andando in là con gli anni. Un professionista ha bisogno di non avere troppo tempo di pausa, anche se i preparatori ci hanno dato un programma importante. Sembra quasi certa la fine del campionato, bisognerà capire come saranno gestite le promozioni in Serie B con i relativi ricorsi e reclami. Vanno rispettate le persone che sono venute a mancare e che si ammaleranno, non vogliamo sentirci privilegiati avendo la possibilità di fare tamponi tutti i giorni. La Serie A è un mondo a parte sotto tutti i punti di vista».
Sta facendo parecchio discutere il protocollo per la ripartenza della Figc: «Sarebbe l’ultimo dei problemi stare in ritiro perenne, lo sappiamo perché fa parte del nostro lavoro e siamo pagati per questo. Credo che le normative saranno stilate per tutta Italia, ma qui in Lombardia la percentuale di rischio sarebbe maggiore che in altre parti, quindi credo che sarà davvero difficile riprendere. Noi stessi ci mettiamo a rischio, come facciamo a rimanere a distanza di un metro in campo? Io che sono attaccante posso dire a un difensore di non marcarmi? Non ha senso».
A Lecco non si sono addensate le nubi degli stipendi non pagati: «Nessuno può lamentarsi con la proprietà, non si può dir nulla al presidente Di Nunno che ci ha subito pagato alla scadenza di marzo. Vedremo se saremo inseriti nella Cassa Integrazione dallo Stato, tanti di noi hanno bisogno di questo stipendio. Penso di parlare a nome di tutta la squadra quando dico che andremo incontro alla famiglia».
Analizziamo la stagione, sicuramente piena di sfaccettature: «A livello realizzato la valuto negativamente, mi aspettavo tutt’altro campionato. I primi mesi le cose sono andate malissimo, poi ho iniziato a stare bene e mi hanno rotto il naso con l’Arezzo. Mi dò un “6” un po’ spinto, forse neanche perchè mi aspettavo di fare qualche gol in più. Classifica marcatori all-time? Fa onore, soprattutto per una piazza storica e importante come quella lecchese che mi ha adottato. Per me è motivo d’orgoglio tutto ciò, spero di finire la carriera con questa maglia addosso. Il mio obiettivo è quello, cercando di scalare questa classifica».
Da Lecco a Seregno e ritorno alle dipendenze di Di Nunno, passando da Gozzano: «Il presidente ha imparato a conoscermi come giocatore soprattutto lo scorso anno grazie alla vittoria del campionato, anche se c’è stato rispetto con lui e con il figlio Gino. Con la piazza, invece, ci siamo capiti dopo le difficoltà dei primi anni: sono tornato l’anno scorso maturato anche nella gestione dei rapporti umani ed è scattata subito la scintilla grazie a quanto ho fatto in campo. Ci siamo lasciati dietro le scorie del passato, mi hanno fatto enorme piacere i messaggi che avevo ricevuto dopo l’infortunio accusato con l’Arezzo».