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Fracchiolla, parole d’addio? «Amareggiato per il finale. Contratto? Sta al presidente, ma non posso più aspettare»

Il dirigente, in un’intervista fiume andata in onda durante “Il Blu e il Celeste”, non nasconde i sentimenti contrastanti dell’ultimo periodo: «Arrivato in una grande depressione, ora siamo in zona play off»

Domenico Fracchiolla BONACINA/LCN SPORT
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Tempo di lettura 5 minuti

Ventiquattro ore per pensarci su non hanno cambiato il tiro. Le parole e i pensieri di Domenico Fracchiolla, direttore sportivo della Calcio Lecco 1912, hanno preso via via profondità dopo la sconfitta patita tra le mura amiche con la Pro Patria, che ha cancellato il nome dei blucelesti dal tabellone dei play off. Il dirigente delle Aquile, arrivato all’ombra del Resegone come consulente a gennaio 2020, a breve potrebbe diventare un ex nonostante l’ottimo lavoro condotto a latitudini ben diverse rispetto a quelle dove ha costruito la prima parte della propria carriera. Intorno alla sua figura, ma non solo, si è creato un clima non semplice, tanto che alcuni elementi cardine potrebbero migrare altrove da qui alla partenza della stagione 2022/2023. Lo si legge tra le righe durante l’intervista fiume che lo stesso Fracchiolla ha realizzato negli studi di Lecco Channel.

Domenico Fracchiolla a “Il Blu e il Celeste”: «Amareggiato per…»

Direttore, c’è ancora amarezza?
«Tanta, perché non doveva finire così e l’amaro in bocca c’è, sarà una ferita grave, personalmente avrei riscattare il play off dello scorso anno e per questo non ho mai mollato. Non bisogna buttare a mare il lavoro fatto per tutta la stagione: di noi se ne parla sempre bene a livello nazionale, quello che si è fatto in due anni è molto importante e abbiamo riportato una piazza, che chi non vive non capisce, a livello alto in Serie C, motivo d’orgoglio».

Si chiude oggi un progetto biennale. Hai più capelli bianchi…
«Quando si viene a lavorare a Lecco con questa proprietà si sa che ci sono tante pressioni. Noi siamo stati bravi ad alleggerirle, al mio arrivo la squadra viaggiava in zona retrocessione e quindi bisogna ricordare il punto di partenza. Tra 2019 e 2020 c’era una grande depressione, siamo saltati dalla zona retrocessione a quella play off in pochissimo tempo. Quest’anno abbiamo abbassato il budget e ridimensionato a gennaio: tanti giocatori di questo biennio verranno ricordati per tanti anni alla pari del derby con il Como, sono le stagioni più importanti degli ultimi quarant’anni. Sono onesto: non vorrei mai andare via, ma non dipende da me».

Le parole di domenica sapevano d’addio:
«Sono un professionista a scadenza di contratto, il lavoro è stato fatto ed è sotto gli occhi di tutto il calcio italiano. Dipende dal presidente l’agire verso un rinnovo di contratto: lo ringrazio per avermi portato al Nord e avermi dato una visibilità più ampia. Se non ritiene continuare o altro ancora, dipende da lui: io rimango a disposizione per un altro po’ di tempo, ma non troppo. Devo tutelare anche la mia famiglia, per due anni ho messo da parte i miei aspetti personali».

Un tuo rinnovo tutelerebbe anche altre figure?
«Quello che mi dà fastidio e mi lascia sconcertato è pensare a gente come Malgrati, che ha iniziato questa carriera con ottimi risultati, Zotti, Francescutti, Brambilla, Paolo Pennati e tutto il settore giovanile, senza dimenticare staff medico e sezione femminile: la mia riconferma avrebbe dato loro maggiori tutele, anche se quando inizi ti devi accontentare dal punto di vista economico. Mi dispiace per queste persone del territorio, che hanno costituito uno zoccolo duro, vanno tutelate e con un cambio di proprietà rischierebbero di vedere non riconosciuto il loro lavoro».

Il tuo nome viene associato a squadre del sud Italia. Un tuo rinnovo come s’integrerebbe con un passaggio di proprietà?
«A oggi non c’è stato niente di concreto oltre agli incontri. Oggi la difficoltà è personale e ce la portiamo avanti da gennaio come un fardello. Il presidente paga e mantiene gli impegni, ma quando lavori e raggiungi questi risultati nonostante tutto è normale che qualche pensiero te lo fai, ascoltando le altre società che ti chiamano perché devi lavorare. Con una programmazione ad ampio respiro questo non accadrebbe a me, allenatore e giocatori: non si capisce che fine farà il Lecco, sono due anni che sento questa cosa ma…».

Ti aspettavi di conoscere prima il tuo destino?
«No, ho pensato solo ai play off perché devi pensare solo al campo. Speravo di rimanere a Lecco, mi dispiace non capire ancora quale sarà il mio futuro: non posso aspettare tanto tempo, ho delle situazioni da definire. Oggi si dovrebbe programmare la nuova stagione».

Ti sei dato un tempo massimo da rispettare?
«Attendo a breve, vediamo se incontreremo il presidente. Non posso più aspettare, ora devo pensare anche a me stesso come non ho fatto per due anni, sfido a chiunque che non mi sono messo a disposizione della società. Ho un ottimo rapporto con la famiglia Di Nunno, la mia amarezza è quella di non vedere una luce verso la prosecuzione di un progetto importante».

Sui numeri e sul lascito del biennio:
«Il Lecco ha un patrimonio di giocatori per la maggior parte under, su questi bisognerebbe per migliorare la squadra. La società è leggera, ha un parco di ragazzi per la maggior parte di proprietà. Non è semplice trovare un imprenditore in grado di capire l’importanza di un bel progetto sportivo. Altrove è successo? Io il mio lavoro l’ho fatto, a me sono arrivate delle telefonate ma per la maggior parte sono chiacchiere; trovare degli investitori è difficile, ma nel calcio bisogna programmare e se si perde tempo non vedo una stagione importante nel futuro, anzi si rischia di perdere tempo e il patrimonio costruito».

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