I 90′ minuti con il Trento erano stati un bel campanello d’allarme. Non colto, evidentemente. I 90′ del “Teghil” hanno fatto scattare l’allarme rosso. Una di quelle classiche partite che sono talmente piene di errori individuali che diventa quasi impossibile analizzarle dal punto di vista tattico. Una di quelle partite che tutto fanno, meno che rendere onore a chi si smazza quasi quattro ore di strada, per singola tratta, e spende la propria domenica nel puro nome della passione per la squadra del cuore. Scuse doverose verso i tifosi, scuse che dovranno tramutarsi in prova di ben altro lignaggio sul campo della FeralpiSalò sabato prossimo, per non rendere i gesti e le parole vuoti di significato. Cinque pappine il Lecco non le aveva ancora prese, dal ritorno in Serie C. Quattro si, anche poche settimane fa a Vicenza, ma in quel caso la prova era stata gagliarda per circa un’ora, poi l’infuocato ambiente del “Menti” aveva reso tutto facile alla compagine biancorossa. Stavolta, invece, non si può avere questo tipo di attenuante.
Il Lecco a Lignano Sabbiadoro non è mai sceso in campo, eccezion fatta per qualche sparuto interprete che si può contare sulle dita di una mano. Non basta l’assenza di Celjak a giustificare l’acqua imbarcata dal reparto difensivo, figlia di poca attenzione, diagonali non fatte e marcature perse. E si che la parata di Melgrati dopo un minuto e mezzo sul rigore calciato da Burrai aveva regalato un jolly da spendersi, giocato malissimo da Zambataro due minuti più tardi: erroraccio sottoporta sulla bella palla messa dentro da Giudici dal lato opposto. Poi, ottantacinque minuti di buio o giù di lì. Pure l’arbitro ci ha messo del suo non espellendo Festa a inizio ripresa, ma errore che non si può cavalcare per nascondere le manchevolezze della squadra. Squadra che ora è chiamata a riattaccare la spina dopo 180′ decisamente preoccupanti e zero punti all’attivo: la classifica è troppo corta per non rialzarsi subito.