Si chiede ai tifosi di accorrere allo stadio e questo avviene. Si chiede ai tifosi di supportare la squadra in trasferta e questo avviene nonostante qualche passo falso di troppo. Si chiede ai tifosi di supportare un progetto (che non sempre ben si distingue) e questo avviene. Si chiedono tante cose ai tifosi, salvo attaccarli per niente. Avremmo capito un comunicato del genere dopo Lecco-Albinoleffe, quando arrivarono multa e danno d’immagine per qualcosa di realmente avvenuto, non ne capiamo neanche lontanamente il senso dopo Lecco-Novara, quando la società ha ricevuto 2.500 euro di multa per niente. Per un «Novarese nomade» che ancora non capiamo quale becero insulto possa essere, sempre che chi ha scritto quei referti non ritenga i nomadi una categoria di persone disprezzabili, ma evidentemente questo né lo possiamo sapere né tantomeno lo possiamo affermare.
Eppure la Calcio Lecco ha scelto di dare credito a quanto riportato sul comunicato del giudice sportivo, che può decidere unicamente sulla base di quei referti – non ha la prova tv, per intenderci – e ha responsabilità relative su una sanzione di questo calibro: una mossa che né abbiamo capito né si può condividere, un attacco a una piazza tra le più in grado di fare la differenza in categoria. Non lo diciamo noi, ma qualsiasi allenatore o giocatore passato da queste parti nelle vesti di avversario o beniamino di casa. Tifosi che civili lo sono sempre stati – eccezion fatta per il caso isolato e sopracitato – e minacciare «provvedimenti» per qualcosa di mai avvenuto è un doloroso autogol che ha già avuto delle ripercussioni tangibili sull’ambiente: sacrosanto sarebbe stato un ricorso contro la decisione, se proprio. Non stava né in cielo né in terra la sanzione, tantomeno vi trovano spazio quelle righe.