Lecco-Pro Vercelli la vivrà da spettatore sul terrazzino del “Rigamonti-Ceppi” insieme a Federico Zuccon e Lorenzo Pinzauti. Negli occhi di Franco Lepore, il ragazzo delle Case Magno, si legge una certa convinzione legata alla possibilità di portarsi a casa un secondo posto che avrebbe comunque dello straordinario per quelle che erano le premesse di questa stagione. Questo ragazzino di 37 anni e mezzo, del resto, nelle ultime partite è diventato un titolare fisso nello scacchiere di mister Luciano Foschi: esterno destro, esterno sinistro, mezz’ala e pure spalla nel trio arretrato. “Checco” è stato ospite del nostro nuovo format LCN Talks e ha parlato a 360° della sua carriera, del rapporto con la sua Lecce e delle promozioni Serie A, della perdita del papà avvenuta quando non aveva dieci anni, raccontando di come a 19 anni, quando giocava in Serie D alla Virtus Castelfranco, scelse di farsi assumere anche in fabbrica. Se arrivano stagioni del genere, è anche perché davanti c’è qualcuno che indica la via.
Franco Lepore a LCN Talks: «Campionato straordinario»
«La mia carriera parla da sola e sono contento di questo. E ancora non è ancora finita perché c’è un altro traguardo da raggiungere. Ho vinto cinque campionati, quindi mi piacerebbe anche magari vincere un playoff», dopo i tentativi falliti con Lecce e, in anni più recenti, Triestina. «Stiamo facendo qualcosa di straordinario perché nessuno pensava inizio dell’anno che potessimo essere lì anche a sognare di poter arrivare al primo posto. Quindi siamo felicissimi di quello che stiamo facendo. E ancora non è finita e in alcuni momenti abbiamo avuto degli infortuni tutti insieme», come quando un po’ di noie si sono sommate prima degli scontri diretti con Pordenone e FeralpiSalò.
Un possibile secondo posto che non sorprende troppo Lepore: «Conoscevo alcuni compagni di squadra, perché abbiamo giocato contro o comunque qualcuno ha giocaot insieme a me come Galli e Girelli, sapevo di trovare una squadra competitiva con delle qualità. Poi, tra dire salvarsi all’ultima giornata, fare i play e giocarsi il primo posto ce ne passa. Io ero fiducioso».
C’è un motivo ben preciso se è arrivato a Lecco, perchè in estate le richieste non mancavano: «Potevo rimanere lì al Pergo, ma comunque stuzzicava Lecco perché, incontrandola sempre da avversario, la piazza mi è sempre piaciuta e il calore della tifoseria mi è sempre piaciuto. Quindi avevo questo stimolo, questa curiosità. Me lo sono guadagnato questa chiamata. Perché? Perché mister Tacchinardi, prima dei due mesi alla Pergolettese, non lo conoscevo. Ho dimostrato sul campo che la sua chiamata me la sono guadagnata, perché ho fatto vedere sul campo quanto valgo. Col passare degli anni inizi a capire tante dinamiche e io ho capito che gli allenatori non si danno la zappa sui piedi da soli, ma fanno giocare quelli che meritano, quelle che secondo loro danno più garanzie e, quindi, se mi ha chiamato vuol dire che valgo qualcosa. Caturano? C’è stata la possibilità di ritrovarlo e ne sarei stato felicissimo come lui, poi è andata diversamente».
Presente e futuro rischiano sempre di mischiarsi quando la carriera arriva così avanti: «Va per i 38 anni, sono consapevole di starci ancora e sono tranquillo, sereno, perché poi se voglio continuare l’occasione giusta la posso trovare. Qui mi trovo bene e parto da questo, quindi non c’è nessun problema. Però c’è da pensare al presente perché è quello che poi determina il futuro, anche se è giorno dopo giorno. Dimostro di stare bene, perché smettere o andare in categorie inferiori quando posso giocare ancora in Serie C, divertirmi e dare anche il mio contributo ai più giovani per aiutarli a crescere?». Futuro, quindi? «Nel calcio, ma anche addirittura lasciare proprio il calcio. Però mi piace pensare ad oggi, a quello che sto facendo oggi e poi vedremo». Il rapporto con il patron? «La vive come noi, perché siamo dei figli per lui. Con la Juve mi ha detto “sei il numero uno” e gli ho risposto “sempre, anche quando non gioco”. Io sono consapevole del fatto che noi sappiamo quello che stiamo facendo, sappiamo quello che facciamo ogni giorno e, quindi, se fai le cose fatte bene devi stare sereno. Poi il presidente può dire qualsiasi cosa. Insomma, se uno ha la coscienza pulita resta solamente sereno».