Diciamo pure che a Parma la sconfitta di Lecco non l’avevano messa in preventivo. Tantomeno in rimonta e con tre gol al passivo, visto che quella dei ducali era la miglior difesa della Serie B e che altrettante reti le aveva incassate solo nello scontro diretto di Venezia. Quindi, incassato il passo falso, è partita anche una discreta corsa alle attenuanti, per quanto mister Fabio Pecchia nel post partita – così come nel pre e durante – si sia comportato da vero signore e sportivo, senza accampare scuse: un po’ è stato messo in discussione l’operato di Pairetto, che pure aveva concesso un rigore poi giustamente cancellato dal Var, per il contatto Lepore–Charpentier; al fischietto è stata contestata soprattutto l’espulsione di Hernani, ma obiettivamente l’esperto centrocampista è stato più che ingenuo a intervenire con quella veemenza sulla palla a metà contestata a Sersanti, soprattutto perché già ammonito pochi minuti prima. Il brasiliano protesta poco e niente, il che dovrebbe dirla lunga su quanto si sentisse colpevole in quel momento. E poi c’è la scusa che sentiamo dal 2018 in avanti: campo piccolo e brutto, come se avere un fondo in erba sintetica di quarta generazione fosse una colpa.
Partiamo dalle dimensioni, che hanno il loro peso: il “Rigamonti-Ceppi” è lungo 105 metri e largo 65, perfettamente in linea con la tolleranza prevista dal Sistema Licenze Nazionali 2023/2024 e norme programmatiche – Criteri Infrastrutturali per la Lega Nazionale Professionisti Serie B; impossibile arrivare alle dimensioni minime (105×68 metri), ma d’altro canto non passiamo nemmeno dalla notte al sole, soprattutto perché la squadra emiliana tende a preferire il gioco in verticale e la percorrenza delle vie centrali. Lo testimoniano anche i dati Opta sulle posizioni medie forniti dalla Lega stessa:
Il campo dell’impianto di via Don Pozzi dà l’idea di essere nettamente più piccolo degli altri soprattutto perchè la distanza tra gli spalti e lo stesso è veramente minima; è lo stesso effetto che si vive guardando le partite disputate a Marassi, casa di Genoa e Sampdoria.
Sul tema del fondo, invece, urge fare delle precisazioni che diano degli elementi in più nella valutazione: la qualità costruttiva è di altissimo livello, mentre la presenza dell’intaso prestazionale (sabbia vegetale, fibre di cocco, tutolo di mais e sughero) rende futuribile la scelta di far crescere l’erba vera e propria e renderlo un fondo misto come a Cesena. Il difetto visto con il Parma – e a monte con lo Spezia – era più estetico che altro, difatti un elemento molto tecnico come Bernabè è riuscito a mostrare le proprie indubbie qualità e confezionare il bell’assist per il secondo gol di Charpentier che ha regalato una mezz’ora di fuoco a tutti i presenti. Il pesante maltempo di queste settimana ha fatto il resto, gonfiando l’intaso di cui sopra e impedendone l’ottimale assestamento, ma nelle ore antecedenti la gara di domenica 12 novembre il terreno di gioco è stato trattato come da programma di manutenzione, con tanto di “pettinata” finale. Passi tutto, l’amarezza è assolutamente comprensibile, ma dire che il campo fosse «al limite della praticabilità» è una bugia, più che un alibi.
Strutture, problema infinito
Piuttosto, in casa Lecco – e speriamo che in Comune facciano lo stesso – ci s’interroga sul sovrautilizzo dell’impianto casalingo: prima squadra e formazione Primavera ne fanno un uso quotidiano, ma anche altre compagini del settore giovanile fanno capolino in via Don Pozzi per la disputa degli incontri ufficiali. Una domanda che si sono fatti i dirigenti blucelesti, tant’è vero che da qualche tempo è partita la ricerca per un rafforzamento delle strutture messe a disposizione dei giovani. Il “Bione” ha dei limiti più che noti: il campo 1 è valido e abbastanza fresco di aggiornamento, ospita tante squadre della città ma non le può ospitare tutte, il progetto di adeguamento è ancora lontanissimo dalla sua eventuale, ma tutt’altro che certa, realizzazione. Tradotto, si guarda fuori dai confini cittadini.
«Cosa c’entra Pro Dronero-Lecco del 2018?», vi starete chiedendo. È una piccola considerazione che deriva da un’esperienza vissuta: tanto per cominciare, vincere in trasferta è statisticamente più difficile che farlo in casa, per tutta una serie di piccoli-grandi motivi da mettere in fila. L’adattamento al terreno di gioco è uno di questi: allora i blucelesti si trovarono a passare dalla loro comfort zone ai 103×60 metri del “Filippo Drago”, reso pesantissimo dalla pioggia che cadde fino a poche ore prima del calcio d’inizio. Fu una battaglia sulle seconde palle che si vinse grazie a un calcio piazzato messo quasi sotto “al sette” da Nicola Segato e alla strenua difesa del vantaggio acquisito: la conquista delle promozioni passa soprattutto da certi momenti e da certi posti, dove il contesto fa la differenza a 360°. E questo l’apprezzabile Pecchia l’ha fatto capire, eccome.