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Di Nunno al vetriolo: «Foschi si era montato la testa». E prepara il mercato di gennaio

Il patron bluceleste torna a parlare e attacca direttamente l’ormai ex tecnico, a libro paga fino al 2025, dopo l’esonero di ottobre. «A gennaio ne devo mandare via dieci»

Paolo Leonardo Di Nunno BONACINA/LCN SPORT
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Discutibile spesso, banale mai. Questo è oggettivo. Il patron Paolo Leonardo Di Nunno è tornato in campo dopo lungo tempo in occasione di Como-Lecco e a parlare del momento bluceleste. L’amministratore delegato l’ha fatto attraverso le pagine di Tmw.com, non risparmiando un attacco frontale all’ex tecnico Luciano Foschi: «Abbiamo mandato via l’allenatore che si era montato la testa fin sopra i capelli. Così ho deciso che dovevo mandarlo a casa. Era fuori di testa. Aveva vinto i playoff e pensava che la B fosse uguale alla C. Poi non andava più d’accordo con il nostro secondo allenatore che vedevo sapesse lavorare bene. Ho dato la squadra in mano alla coppia Malgrati-Bonazzoli e siamo contenti». Al vetriolo a dir poco, Di Nunno, che poi ha spostato il mirino sul fronte calciomercato: «Il nostro direttore sportivo Fracchiolla deve dare una mano ai miei figli, Cristian e Gino. Andremo a pescare qualcosa di buono. Ma ne devo mandare via dieci, per prenderne tre. Tanti? Cercheremo di fare il massimo. Magari ne diamo via cinque o sei…».

Nessuna emozione particolare in vista di Lecco-Bari: «È come tutte le altre partite, ogni gara ha una storia a sé. Cerchiamo di batterle tutte. Sono pugliese ma non è per questo che mi interessa battere Bari. Magari lo battiamo lo stesso, ma non importa che sono pugliese. Messaggi da lì? No. Tutti i miei fratelli fanno il tifo del Lecco. Non ho amici, sono tutti nemici. Manco dalla Puglia da cinquantasette anni, non vado spesso. Non so più cosa sia il mare, i miei figli me lo fanno vedere in cartolina…». E sul fronte di una cessione sempre in stand by, Di Nunno ha chiosato: «Se non porto a casa la salvezza mi impicco (sorride, ndr). Poi valuteremo il futuro. Magari un giorno venderò, ma non ad americani, a gente come me».

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