È tornato sabato mattina ed è stato accolto in Canottieri Lecco come un eroe. Niccolò Banfi, figlio del mitico “Baffo” Giuseppe Banfi che da anni si occupa di organizzare l’Interlaghi, ha preso parte alla Ocean Globe Race, regata intorno al mondo, a bordo di Translated 9, uno yacht da 65 piedi.
La prestigiosa gara, che ripercorre i fasti della mitica Withbread, è una delle più avventurose al mondo. Richiede un equipaggio composto per il 70% da non professionisti e l’uso della tecnologia moderna è limitato. L’avventura però si è conclusa prima del tempo per questo ambizioso progetto internazionale ‘sponsorizzato’ persino da Paul Cayard: una falla nello scafo ha costretto infatti Translated 9 al ritiro.
È lo stesso Niccolò a raccontarcelo. «Un’emozione intensa, anzi in realtà sono state tante emozioni diverse – spiega – Una gara interminabile, volevamo arrivare il prima possibile perché le condizioni di regata erano logoranti e avevamo il desiderio di arrivare a terra. Un mix continuo fra stupore, curiosità, adrenalina e paura. Fra noi dell’equipaggio, in particolare i giovani, non sapevamo cosa aspettarci, tutto era nuovo».

L’addio per una falla nella barca
«Subito dopo Capo Horn, con un mare in tempesta, abbiamo straorzato tre volte e la barca è stata molto sotto sforzo. Ci siamo accorti che l’ingresso in barca dell’acqua era troppo. Abbiamo smontato le paratie e abbiamo trovato crepe in prossimità dello skeg, che lega asse e timone. Siamo stati costretti a ritirarci dalla terza tappa e dopo tanti sacrifici per restare attaccati a Pen Duick VI ci siamo ripresentati per la quarta tappa, con due mesi di pochissimo sonno. Ma al primo mare grosso nell’Atlantico, la barca non ha retto. Abbiamo ripagato su Madeira e l’avventura è finita».
Gli incontri indimenticabili
Numerosi gli incontri indimenticabili nel bel mezzo degli oceani attraversati. «Siamo stati quasi colpiti da una balena, nella seconda tappa. Abbiamo visto anche le orche, gli albatross… L’esperienza dell’oceano Indiano e Pacifico mi ha dato la possibilità di navigare in luoghi di cui avevo sempre e solo letto o ascoltato racconti. Scoprire che è possibile navigare in mari con condizioni tanto avverse è appagante. Così come interfacciarsi con personaggi che hanno fatto grande la vela: Paul Cayard ci ha aiutato in ogni tappa ed è stato emozionante, è davvero molto umile. Marie Tabarly, figlia diel grande Eric, con cui abbiamo instaurato un rapporto quasi familiare. I Malingri, Vittorio e Nico, con cui siamo diventati padri e figlio e fratelli: ho avuto tanto confronto con loro sin dal tempo del cantiere. Non smetterò mai di ringraziarli per le emozioni che mi hanno insegnato».
Un’avventura simile richiede un grande sforzo, fisico e psichico. «La mente è la parte più complessa e difficile da gestire. Ti spinge a pensare spesso al ritorno a casa, alla malinconia, ma è necessario cercare di scacciare queste sensazioni. L’unico modo per andare avanti è pensare il meno possibile e godersi al meglio ogni momento».



















