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Il Lecco si scopre sornione e fa il record. Di Nunno, non fare il solito errore

I blucelesti non sono stati brillanti contro la Pergolettese, impossibile esserlo già, ma il risultato positivo aiuterà la crescita. Le parole del patron non devono passare inosservate

Paolo Leonardo Di Nunno, a sinistra, e mister Alessio Tacchinardi
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Tempo di lettura 3 minuti

Cosa si dice sempre? Vincere non giocando bene e soffrendo è un ottimo segnale. Uno dei dogmi calcistici per eccellenza, sintesi sportiva di un concetto applicabile alle fasi della vita. Portare a casa un risultato quando le condizioni non sono ideali (o giù di lì) vale doppio e dà una botta d’autostima impagabile. Sesta vittoria consecutiva al debutto casalingo: un record assoluto per la storia bluceleste. Non si può dire che il Lecco visto contro la Pergolettese sia il migliore possibile: impossibile esserlo e, in tal senso, sposiamo appieno la linea di mister Alessio Tacchinardi. Dopo un precampionato fatto giocando a nascondino, costato critiche proprio per il livello generalmente inferiore degli avversari, lo scotto da pagare è quello di una condizione generale peggiore rispetto alle altre compagini di terza serie. Piace, e onestamente è stata una piacevole sorpresa, il click scattato nella testa con l’arrivo delle partite vere: i blucelesti hanno centrato due approcci su due, segnando a Verona dopo 22″ e rischiando di farlo anche ieri durante il primo quarto d’ora. Poi tutto si è assestato e sono venuti fuori i pregi di due squadre che stanno insieme da anni, com’era lecito attendersi. Alla fine le Aquile sono state sornione e hanno portato a casa quattro punti mica male: quattro gol over su quattro, magari un caso ma nel calcio di rado qualcosa avviene per puro fato.

E proprio sul tema under-over si è parzialmente incentrato il post partita del patron Paolo Leonardo Di Nunno. Dichiarazioni da non far diventare un caso nazionale, ci mancherebbe, ma neanche da lasciar cadere nel vuoto. L’amministratore delegato bluceleste ha spiegato a chiare lettere che avrebbe gradito un maggiore impiego dei diciannove-ventiduenni, mentre Tacchinardi per ora ha scelto di badare al sodo e ridurre all’osso le rotazioni, andando poco oltre i 271′ minimi da collezionare per ricevere il contributo federale calcolato partita per partita. I risultati gli hanno dato ragione ed è difficile chiedere a un allenatore di avere la forza per forgiare un gruppo quasi da zero senza la leva che solo il campo può dare. Buttare dentro i giovani a casaccio vuol dire semplicemente fargli del male: ci siamo già passati dopo il meraviglioso Lecco-Padova di un anno fa, quando il gruppo squadra venne preso di mira dai franchi tiratori. Fece più male che bene battere la capolista e paradossalmente la parabola di Tordini, ricaduta a parte, lo rappresenta: sovraccaricare di pressioni interne l’ambiente lo uccide, la squadra non è strutturata per reggerle. Oggi siamo già quasi alla vigilia di un altro appuntamento di alto livello contro un Vicenza risvegliatosi di colpo a Padova dopo la roboante vittoria (6-1) ottenuta all’esordio contro la Pro Sesto: non si parte già battuti, ma una sconfitta onorevole farebbe parte delle cose tollerabili. Ci siamo già passati, insomma: evitiamo di rifare lo stesso errore.

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