
Indiscrezioni. Speculazioni, per meglio dire. Sono quelle che si sono sprecate nel tardo pomeriggio di martedì 29 agosto dopo l’udienza della V Sezione del Consiglio di Stato. La discussione orale, iniziata decisamente in ritardo visti gli 86 fascicoli discussi in precedenza e la bagarre creatasi all’esterno di Palazzo Spada, è stata breve e intensa: i giudici hanno ribadito, ai legali della causa bluceleste prima ma anche a quelli della querelle-Reggina poi, di avere già in mano tutti gli elementi necessari per decidere. Schieramenti noti: Caiffa e De Lorenzis per il Lecco, Viglione per la Figc e Pezzali per la Lega B su un fronte; Sgobba e Lo Foco per il Foggia, D’Orsogna per il Perugia dalla parte degli “attaccanti”. Da quel poco che è filtrato da casa-Lecco, c’è un punto importante di cui tener conto: nessun elemento aggiuntivo è stato portato sul tavolo dei giudici rispetto ai tanti elementi finiti su quelli di Arzillo in occasione dell’udienza alla Sezione Prima Ter del Tar del Lazio. Il dispositivo contenente la decisione è atteso tra la tarda mattinata e il primo pomeriggio.
Perentorietà e inesigibilità
La perentorietà, indubbiamente. Certo, nessuno da queste parti ha mai messo in dubbio che il termine del 20 giugno sia stato formalmente violato. Piuttosto, l’adempimento del Lecco è stato bollato come inesigibile da parte del Tar del Lazio non più tardi dello scorso 7 agosto: senza nuovi elementi o coup de théâtre, sarebbe quantomeno curioso – oltre che inevitabilmente doloroso – trovarsi di fronte a un’interpretazione dall’effetto diametralmente opposto. I blucelesti non potevano rispettare il primo termine del 15 giugno, come spiegato a suo tempo dal giudice Arzillo: «Ad avviso del Collegio risulta evidente, alla stregua di una interpretazione non formalistica e di buona fede – ossia ragionevole – che i termini del 15 e del 20 giugno 2023 siano stati fissati dalla FIGC sul presupposto della conclusione dei play off in data 11 giugno 2023. A questo punto bisogna chiedersi se e quale rilevanza abbia avuto il venir meno di questo elemento presupposto, con lo spostamento al 18 giugno 2023 dell’ultima partita dei play off. Ad avviso del Collegio la risposta è una sola: detto evento rende semplicemente inapplicabile il termine del 15 giugno 2023 – che è quello “primario”, come tale munito di apposita sanzione pecuniaria – alla società che abbia concluso vittoriosamente i play off successivamente allo spirare del medesimo; di conseguenza viene travolto anche il termine per integrazioni del 20 giugno, con ciò configurandosi nei confronti del Lecco la corrispondente inesigibilità».
Le attenuanti del Lecco
Una sentenza, quella del 3 agosto, che insieme alle corpose motivazioni – 21 pagine – ha inevitabilmente fatto giurisprudenza. Il Lecco aveva pieno diritto a quei 9 giorni di tempo, concessi a monte, per mettere a posto tutta la propria documentazione; a questo va aggiunta la mancata possibilità di operare fino al 19 giugno all’interno della sezione del portale federale che funge da contenitore per gli incartamenti che devono depositare tutte e 99 le società “pro” in Italia (la Juventus va contata singolarmente, l’Atalanta U23 ha preso il posto del Siena). In soldoni: i giudici del Tar hanno ampiamente sanato le negligenze blucelesti, decisamente lievi rispetto a quelle di Lega Pro e Federazione, e i colleghi del Consiglio di Stato dovrebbero – con quelle stesse motivazioni in mano – effettuare una lettura agli antipodi per smontare quel castello. Possibile, certo, vista la natura borderline del caso lecchese, ma che avrebbe comunque del clamoroso sotto tutti i punti di vista tenendo conto della rarità dei casi che hanno visto il ribaltamento in appello della sentenza di primo grado.
