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Uno stadio da Serie A (e non solo) per Lecco: il “Rigamonti-Ceppi” guarda al futuro

Superata la fase di adeguamento ai criteri infrastrutturali della Serie B, l’ultracentenario impianto di via don Pozzi potrebbe vivere una nuova epoca d’oro passando dalla ristrutturazione

Un nuovo "Rigamonti-Ceppi" per Lecco? BONACINA/LCN SPORT
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Tempo di lettura 6 minuti

Il calcio, ma non solo. Uno stadio “Rigamonti-Ceppi” aperto alla città di Lecco. Le parole di Giulio Ceppi nella sala del ping pong della Società Canottieri Lecco, lì dove tutto ebbe inizio, si riallacciano alle dichiarazioni rilasciate pochi mesi fa: un’idea messa su computer e fogli, un disegno per proiettare l’ormai ultracentenario impianto di via Don Pozzi nel futuro, risolvendo in un sol colpo anche dei cronici problemi legati alla mancanza d’infrastrutture adeguate a una città che sta faticosamente cercando di aprirsi al resto del mondo. Il progetto, nella sua complessità, ha al suo interno 2 fasi distinte di lavoro: messo in archivio l’adeguamento ai requisiti della Commissione Infrastrutture della Figc per il campionato di Serie B, nella seconda fase prevede l’ulteriore incremento della capienza fino a 10mila posti a sedere, ma soprattutto l’apertura dello stadio al contesto urbano, grazie all’inserimento di spazi di servizio alla persona e al benessere (centro fisioterapico, laboratori per diagnosi medica, spa, palestre..), servizi di virtual training e e-games, volumi commerciali e per la ristorazione e l’accoglienza.

La ricostruzione modulare e progressiva delle Curve Nord, Sud e dei Distinti, consentirebbe inoltre la copertura integrale dello stadio, migliorandone il comfort e l’acustica, con una parte di pannellature fotovoltaiche (circa 6.000 mq) e la creazione di 600 posti auto interrati. Lo stadio verrebbe anche attrezzato per eventi extra-calcistici, atto a ospitare concerti, spettacoli, rassegne cinematografiche, altre manifestazioni sportive, oltre che includere spazi verdi esterni di compensazione per una migliore integrazione con il quartiere e il contesto cittadino.

La nascita alla Canottieri

«Il fatto che questo passaggio avvenga qui è chiaramente legato alla proposta del consigliere Vico Signorelli, alla ricerca di attività da svolgere durante l’inverno – ha introdotto il momento Marco Cariboni, storico presidente della Società Canottieri Lecco -. A Villa Gargantini erano stati scelti i colori sociali, inizialmente celeste e azzurro prima della variazione in blu e celeste per la stessa pronuncia in dialetto. L’assorbimento della Lecco Football Club generò un certo movimento, fino a che l’aspetto economico divenne problematico: sul finire degli Anni Venti la gente si spostò dai gradoni per il canottaggio a quelli per le partite di calcio, portando a una sorta di rivolta interna; nel 1931, dopo un’infiammata sessione del Consiglio direttivo, si manifestò la scissione e nacque l’Ac Lecco. C’è un fatto curioso non chiarito nei verbali: a che titolo il Lecco usa la maglia della Canottieri? Sicuramente rimane un elemento positivo nella storia della Società, perché per noi lo scopo primario è quello legato alla diffusione dello sport sul territorio tant’è vero che tutte le società sono partite come nostre sezioni prima di prendere la propria strada».

Gli imprenditori locali vorrebbero uno stadio del genere? «A mio avviso nessuno si prenderebbe il Lecco, in questo momento, d’altro canto al giorno d’oggi servono delle risorse importanti. Il Comune? Probabilmente non vede oltre, ma vi posso assicurare che nel 1923 chi voleva realizzare questa sede era visto come un matto; allora fu possibile grazie all’interessamento di sette soci facoltosi».

L’idea del team di Giulio Ceppi

Palla a Giulio Ceppi, archistar lecchese che ha seguito anche la fase dell’adeguamento dell’impianto alla Serie B: «Guardare il passato ci aiuta nella proposta di questa idea, una visione policentrica e polifunzionale dello stadio è il punto di partenza. Cosa possiamo fare in più del “Rigamonti-Ceppi”? Ha una storia fatta di tanti cambiamenti, la nostra idea è quello di farlo comunicare tutti i giorni con la città, rendendolo più fluido e bello visti limiti e storicità ereditate. Come può cambiare nel futuro? Tutti gli stadi si sono aperti alle città, l’oggi Gewiss Stadium è stato adeguato nel tempo: noi pensiamo a un aumento del rampaggio, a un aumento del comfort per chi sta dentro – con una copertura -, ma anche per chi ci abita intorno visto il noto problema legato all’impatto acustico, a un efficientamento energetico e a un miglior utilizzo delle acque piovane, a un aumento della volumetria sotto la tribuna per l’apertura di servizi che vadano incontro alle persone sia giovani che anziani».

L’idea è quella di ricostruire ex novo tre lati dello stadio e il miglioramento della Tribuna, installando anche delle tribune telescopiche che si buttino sul terreno di gioco: «Si può mettere tanto dentro questi spazi, tutelando rapidamente anche il terreno di gioco in caso di utilizzo per altri scopi vista la totale assenza di strutture adeguate all’accoglimento di due-tremila persone». Sul fronte dell’attualizzazione, «andrebbero previsti degli spazi per esports e virtual training, dato che per i giovani sono delle attività decisamente attrattive. Lo stadio, che resta lì, non verrebbe privato della sua dimensione prioritariamente calcistica, ma bisogna guardare più lontano e alla costruzione di una piattaforma che permetta di lanciare il sasso oltre lo stagno. Oggi facciamo questo, per quanto sia possibile ipotizzare un costo di realizzazione: prima di pensare a uno stadio nuovo, vediamo quello che possiamo fare qui».

Che impatto potrebbe avere sulla viabilità? «Il calcio è l’evento più drammatico per la quantità di misure di sicurezza, la posizione è decisamente importante ma non vedo stravolgimenti. Personalmente pedonalizzerei via Cantarelli, il tema è quello di aprirsi alla città vista l’accessibilità del luogo: spero che l’ansia da automobile vada a scemare nel corso del tempo». Il Comune che interesse potrebbe avere? «Non ci sono spazi per i grandi eventi in città, fanno i concerti a Colico e Monza perché qui non si sono strutture da 5mila persone. Dare valore allo stadio genererebbe interesse negli investitori privati».

La posizione del Comune: «Un bene da valorizzare»

«Lo stadio è affascinante, l’hanno catalogato come il più dell’Italia – ha spiegato l’assessore all’urbanistica Giuseppe Rusconi -. Vanno benissimo tutte le proposte per la valorizzazione per i beni comuni, quell’impianto deve trovare una nuova vita: l’idea attuale è assolutamente superata, perchè non pensare a una serie d’interventi che coinvolgano anche ciò che già c’è come la palestra della Ghislanzoni Gal? Sotto lo stadio ci sono ampi spazi che possono essere messi a reddito, addirittura le strade intorno possono essere sfruttate in tutti i modi. Bisogna metterci mano con gli strumenti del partenariato pubblico-privato, come sta avvenendo adesso anche per il teleriscaldamento, l’importante è avere una città unita intorno a questo progetto: il Comune guadagnerebbe 50mila euro l’anno dall’affitto, che ora non vengono nemmeno incamerati nonostante le polemiche ad arte innescate ad arte da qualcuno: la commissione per il Pgt che partirà a breve sarà il luogo ideale per parlarne nonostante le mille proposte che ho sentito, ma personalmente credo che la strada giusta sia quella della valorizzazione».

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