Mai, mai, mai banale. Paraculo non lo è nato e molto difficilmente lo diventerà nella vita. E, per questo, Davide Castagna è così amato dai tifosi lecchesi. Sesto bomber della storia della Calcio Lecco 1912, sul campo ha lasciato un crociato, un “tibia-e-perone” e si è procurato un’infrazione a un piede per la causa bluceleste. Per quanto si senta un personaggio poco mediatico, di rado un’intervista non ha lasciato degli spunti di riflessione: è anche il caso di quella che l’attaccante in forza al NibionnOggiono (Serie D) ci ha concesso dalla sua Civate, dove sta passando le giornate di quarantena forzata dividendosi tra un po’ di lavoro nei campi e gli allenamenti all’aperto.
«Mi alleno e si studia, passando il tempo come si può», spiega brevemente il “Toro” prima di parlare dei suoi compagni, Isella su tutti, e delle settimane passate: «Ci sentiamo ogni tre ore, sono il suo secondo figlio in pratica – scherza -. Abbiamo vissuto un periodo in cui facevamo gli allenamenti avendo dei grandi punti di domanda davanti, condividendo lo spogliatoio in tre alla volta e senza fare la doccia, poi la situazione è diventata più allarmante. Il virus diventa un grande problema se lo si porta a casa alle famiglie, all’interno delle quali potremmo causare delle morti. Sospendere tutto è stato giusto, poi sarà chi di dovere a dirci se e quando potremo ripartire: di certo a casa soffriamo, ci piace giocare e, inoltre, non possiamo andare da parenti e amici. Dobbiamo fare le cose con il cervello, ma siamo un popolo di capre perché ci sono in giro delle persone che fanno le stupide».
Punto focale della discussione sono le non tutele di chi gioca in Serie D, spesso come unica fonte di sostentamento: «Siamo professionisti, ma senza esserlo davvero. È una categoria destinata a morire, non ci sono nè cassa integrazione nè contributi. Prima di questa situazione tantissimi ragazzi erano a casa senza squadra, ora salteranno anche tante sponsorizzazioni perchè chi ha un’azienda deve tutelare i suoi dipendenti. Noi, con il NibionnOggiono, siamo stati onorati delle nostre prestazioni, come da contratto, ma tanti di noi hanno fatto dei progetti su questi compensi. Io gioco a calcio, faccio il professore e lavoro in palestra, ma da un mese non ho entrate; sono fortunato perchè vivo a casa con i miei, ma non tutti sono così».
«La mia stagione? Personalmente una merda»
Anche in Serie C la situazione non è limpida: «Non si sanno che pesci pigliare in tutto il Paese, è molto importate che si diano una svegliata (i politici, ndr), perchè vengono pagati fior di milioni e devono tirare fuori i c….. Non dico che sia facile, ma sono lì per decidere nel bene e nel male, quindi si devono assumere le loro responsabilità». Il futuro prossimo dello sport non è limpido: «Per rispetto delle persone morte la chiuderei qua, ma non sta a me decidere. Ci sono tanti fattori da prendere in considerazioni, tra cui promozioni e retrocessioni. Ripeto, chi sta al comando deve fare delle scelte. Noi facciamo questo lavoro per tirare la fine del mese, non siamo pieni di soldi come chi gioca in Serie A. Non spacco il ferro, ma la situazione è pesante».
La stagione, purtroppo, è stata costellata d’infortuni: «È stata una merda. Sono caduto tante volte e mi sono sempre rialzato, poi è arrivato il virus. Ho tantissima voglia, non ho perso gli stimoli ed è una tortura. Mi alleno tutti i giorni, si rosica a stare fuori anche perchè voglio arrivare ai cento gol. Quanti ne mancano? Pochi, non vado oltre. Spero di riprendere in estate e salvare il salvabile, mi dispiace tanto perchè ho un gruppo di fratelli».
«Moleri mio erede? Lo spero con tutto il cuore»
Come fai a non chiedergli qualcosa sulla Calcio Lecco? «È una piazza così, speciale, in cui quello che spendi non corrisponde sempre a quello che ottieni. Prima di entrare in campo devi creare un gruppo, negli ultimi tempi si era trovata una “mezza quadra” rispetto al trambusto iniziale. È un campionato mai morto e giocare qui non è come farlo alla Giana Erminio dove le pressioni non sono paragonabili. Quando giocavo a Lecco potevo tirare da trentacinque metri e sperare di far gol, non ho mai provato delle sensazioni di quel tipo anche se mi sono trovato ovunque, dando tutto me stesso: mi auguro che si vivano dei momenti sereni, perchè mi emoziono a vedere le immagini sul giornale, nelle foto e nei video».
Gli ricordiamo di un vecchio Lecco 3-2 Seregno, in cui segnò due gol in un amen per una rimonta pazzesca: «È esattamente quello di cui parlavo, certe cose mi sono capitate solo lì. Ho i tifosi del Lecco sempre nel cuore». Nota a margine, dopo i doverosi ringraziamenti e un pensiero a chi non c’è più: che il “Torello” Marco Moleri possa essere il suo erede morale sembra chiaro a tutti. «Lo spero con tutto il cuore», ci dice. E c’è da credergli. Come sempre.
