I momenti di difficoltà tendono a offuscare la lucidità necessaria analizzare i momenti. Non fa discorso diverso la Calcio Lecco 1912: dopo partita con il Padova sembrava che fosse arrivato il momento per puntare, senza “se” e senza “ma”, dritti alla Serie B; esattamente quindici giorni dopo, invece, pare essere già passati all’estremo opposto. E siamo d’accordo su un punto su tutti: la prestazione di Crema, al netto di tutte le attenuanti generiche (meno riposo, formazione obbligatoriamente rimaneggiata) e specifiche (rigore non assegnato per fallo di mano di Arini), è stata inaccettabile dal punto di vista dell’atteggiamento iniziale. Si può buttare la croce sugli over, sull’allenatore, sulla dirigenza e, volendo, anche sulla proprietà, ma lo riteniamo un esercizio inutile: una società sportiva deve ragionare in modo monolitico, prendendosi elogi e critiche in modo proporzionale; al “Voltini” la sconfitta è di tutti e dividere la pressione esterna, senza metterne di ulteriore internamente, è l’unico esercizio da fare per venire a capo di una settimana difficile.
Rispetto a un anno fa
Ma entriamo nel merito: forse forse, oggi il Lecco paga il fatto di aver giocato troppo bene. Paradosso? Mica tanto. Giovedì, con il Renate, è arrivata la prima sconfitta interna nonostante una prestazione più che buona al cospetto di una compagine decisamente in palla. Prima, a Mantova, il dominio era stato pressoché totale ed era arrivato solo un pareggio; dell’ultima uscita abbiamo detto e, a differenza dei due casi precedenti, il risultato è l’unico a non essere stato bugiardo. Per farla in sintesi: quando sono stati dominanti, i blucelesti hanno fatto praticamente sempre risultato, ma paradossalmente hanno visto fiorire meno di quanto seminato (Fiorenzuola è un caso eclatante); quando la prestazione è stata sotto la media (Trieste e Crema) sono arrivate due sconfitte senza appello, mentre anche a Vercelli, dove la squadra ha sofferto, il punto è stato fondamentalmente scippato a causa della prima decisione arbitrale avversa della stagione. Sarebbe molto preoccupante se quello sentito nella Bassa fosse l’ennesimo campanello d’allarme di un periodo ristretto, ma un passaggio a vuoto non basta a certificare senza appello un’involuzione dal punto di vista della mentalità.

Riavvolgiamo il nastro all’undicesima giornata della stagione 2020/2021: il Lecco a Grosseto conquistò tre punti in maniera immeritata al termine di una partita prettamente difensiva; allora lo score parlava di 5 vittorie, quasi tutte accumulate in partenza, 3 pareggi e 3 sconfitte (18 punti), mentre oggi l’abaco dice 5-1-5 (16 punti) e la differenza, a livello numerico, la fanno almeno due rigori di cui si è parlato per giorni. Ma se paragoniamo mentalità e qualità tecnico-tattiche scaricate sul campo, il divario è ampio: i blucelesti di allora davano la netta impressione di essere un gruppo con pochi margini di miglioramento, quelli di oggi di essere non lontano dal punto di sintesi tra bel gioco e concretezza. Se ci aggiungiamo la condizione precaria di tanti elementi e l’aver perso lo scintillante Tordini, dato per rientrante con l’insidiosa Virtus Verona, nel momento di massima brillantezza, ecco che personalmente rimane difficile guardare con tafazziana sfiducia al futuro prossimo, anche perché è preventivabile che di passaggi a vuoto se ne vedranno altri, all’ombra del “Resegone”, figli di un percorso di crescita che sarà lungo e potrebbe dare i frutti più buoni durante la primavera.


















