Tra rinvii per neve e stop forzati per…mancanza di presidenti, il campionato di serie D diventa sempre più lungo e difficile. Imprevedibili, o da mettere in preventivo che dir si voglia, i rinvii per neve di queste ultime settimane. Ma di sicuro la situazione che si sta venendo a creare a causa della dirigenza del Sant’Angelo era prevedibilissima.
È un male comune persino al professionismo, figuriamoci al dilettantismo: società costruite sulle palafitte, invece che su solide fondamenta in calcestruzzo, che alla prima mareggiata vengono giù manco fossero di cartone. Se questo non avesse conseguenze che per i malcapitati tifosi di detta società, poco male. Ma la possibile, seppur futura ed eventuale, estromissione del Sant’Angelo dal torneo provoca problemi un po’ a tutti. Innanzitutto a chi, e per fortuna non è il caso del Lecco, in questo girone di ritorno ha giocato e magari vinto contro i barasini. Sembra, infatti, che gli saranno tolti i punti conquistati alla faccia degli sforzi fatti per conquistarli. Inoltre è la stessa regolarità e serietà del torneo a essere messa in discussione da eventi come questi.
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Eppure la serie D si fa quotare dagli scommettitori maltesi della Stanley Bet, prestando tra l’altro il fianco a possibili speculazioni di chi ci investe soldi, su queste partite. Magari molti di più di quanto spenda una piccola società in un’intera stagione. Stranezze di questo calcio piccolo piccolo piccino picciò.
Basti pensare all’assurdità di punire le società che hanno una storia e un blasone e soprattutto un pubblico. Se nessuno ti guarda la domenica mentre giochi, non correrai nessun rischio di squalifica del campo né di multe. Se, invece, hai sempre un migliaio di tifosi che scrutano ogni tua mossa, rischi grosso. Ci facciano capire: il calcio è quello da abbonamento, telecomando e poltrona, o è rimasto quello da arrabbiature e, perché no, parolacce allo stadio? Se non si travalica, crediamo proprio che il calcio sia passione, sudore e fango in campo, moccoloni e invettive sugli spalti. All’applauso all’avversario ogni volta che cade per terra non crediamo. Al fair play finto e salottiero, buono solo per chi in uno stadio mai è entrato, tanto meno…
Il tutto con, a latere, una riflessione che dovrebbe essere fatta seriamente, sugli impianti sportivi. Possibile che si vada dallo stadio Rigamonti-Ceppi al campo di Mapello o Seriate? Possibile che si passi dalla totale inadeguatezza di un campo di parrocchia alla bellezza di uno stadio che provoca invidie anche in Lega Pro? Senza contare che, guarda caso, squalifiche e multe arrivano soprattutto a causa del contatto tra tifoseria e terne arbitrali laddove gli stadi non esistono o sono manifestamente carenti.
Tutto questo per dire che questo torneo di serie D è sicuramente un mischione, un mesedoz, si dice a Lecco, di contraddizioni e controsensi, se non di veri e propri non sense. La verità è che si mischiano aspetti professionali di un campionato di calcio con aspetti da terza categoria. Difficile distinguere quando la serie D ha la d maiuscola e quando ce l’ha minuscola. I rinvii non c’entrano nulla. Ma tutto il resto ci fa pensare che il Lecco in questa serie dovrebbe rimanerci il meno possibile.
Tanto per non farsi il sangue troppo amaro…