Il Perugia attacca Lecco e Figc. La società umbra ha chiesto al Tar del Lazio di rigettare, in quanto infondato, il ricorso che la Federazione e i blucelesti hanno depositato a Roma contro la pronuncia del Collegio di Garanzia del Coni che lo scorso 17 luglio ha accolto il ricorso del Grifo contro l’ammissione in Serie B dei lombardi. Secondo quanto scritto dalla dottoressa Loredana Giani, il Lecco «non solo ha presentato con tre giorni di ritardo la documentazione relativa allo stadio di Padova ma tra il 15 ed il 20 giugno ha modificato le indicazioni relative all’utilizzo dello stadio stesso. Finestra nella quale invece ogni club avrebbe potuto solo dar corso alle integrazioni. La disciplina dice infatti che tutti gli adempimenti potranno essere integrati senza dare luogo a sostituzioni. Viceversa – si legge nel controricorso del club biancorosso lungo 28 pagine e redatto dalla professoressa Giani – il 15 giugno il Lecco dichiara che intende utilizzare il proprio stadio pur sapendo che tale stadio non è norma per la B e, una volta scaduto il termine del 20, modifica l’indicazione da compiersi irretrattabilmente il 15 giugno comunicando che invece giocherà a Padova». Lo riporta umbriatv.com.
Secondo quanto scritto dalla legale della società di Massimiliano Santopadre, il Lecco avrebbe dovuto essere escluso per il solo fatto di aver modificato le indicazioni dello stadio in cui giocare poiché tale modifica non è consentita dal sistema delle licenze. Mentre la Figc avrebbe «illegittimamente sorvolato su tale palese violazione della disciplina» riconoscendo le cause di forza maggiore e il Consiglio federarle avrebbe quindi «chiuso gli occhi persino sulla regola per la quale la documentazione presentata oltre il termine perentorio del 20 giugno non avrebbe potuto essere presa in considerazione né dalla Commissione Criteri Infrastrutturale né dalla Federazione».
Nel suo controricorso il Perugia afferma come sia «chiaro che la indicazione – in data 15 giugno – dello stadio di Lecco non è stata fatta in buona fede. Si indica in buona fede uno stadio nel quale, al momento della indicazione, non si dubita che si potrà giocare. Viceversa, chi scientemente indica uno stadio che, al momento della relativa indicazione, ha la certezza non essere idoneo, è chiaro che lo fa soltanto per fare comunque il nome di uno stadio e per non essere escluso per il solo fatto di non aver indicato uno stadio. La malafede del Lecco ha dunque del clamoroso. Conseguentemente, parimenti clamoroso, è l’atteggiamento di FIGC che un tale comportamento ha di fatto avvalorato».